L'editto-riale

Il CRS è una cosa seria, ma non basta (più)

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QUANTO VALE ANCORA IL CERTIFICATO DI RILEVANZA STORICA?

Si è da poco conclusa a Torino Automotoretrò e dai convegni organizzati dall’ASI è emersa con forza la conferma che bisogna fare sul serio, occorre cambiare rotta, riacquisire credibilità ed imporsi come interlocutore privilegiato del Governo per le questioni legate al motorismo storico.
È necessario un cambio di passo che tenga conto di tante questioni, alcune di queste di particolare urgenza: il passare del tempo inevitabilmente porta dall’aumento fisiologico del parco auto ‘candidato’ a diventare storico.
Un’ automobile di 30 anni non è ipso facto storica, beneficia se in possesso del CRS, delle agevolazioni fiscali. Si tende spesso a leggere che il traguardo dei 30 anni risolva tutti i problemi, che la macchina entri in una specie di Eden a costo zero, non è così. Serve sempre il CRS per il suo riconoscimento storico e collezionistico.

Il CRS è importante perché certifica che la nostra automobile non è solo vecchia. Viene infatti rilasciato alla fine di un procedimento di accertamento del possesso delle caratteristiche che la legge richiede, ovverosia della conformità alle specifiche di fabbrica e quindi al corretto mantenimento finalizzato alla sua conservazione. Un bene di interesse storico e artistico soggiace a precisi limiti al proprio godimento da parte del proprietario, così un’automobile di interesse storico e collezionistico deve essere goduta con il fine della sua preservazione e conservazione e questo è certamente incompatibile con l’uso quotidiano. L’uso che si fa di un bene connotato da un interesse pubblico assume rilievo esterno ed è verosimile che certe automobili di particolare importanza vengano equiparate ai beni culturali in quanto a disciplina d’uso. L’appassionato e il cultore del motorismo d’epoca sa curare e conservare la propria amata, lo stesso non si può certo dire degli ‘amanti’ occasionali spesso dettati da finalità speculativa. La riforma del CRS e dei controlli successivi devono quindi mirare a disincentivare l’abuso che si fa degli strumenti posti a tutela della passione vera, quella che retroagisce a prescindere da modelli, marchi etc.

Il tema dei controlli è quindi centrale. Una volta rilasciato il CRS, la partita non deve chiudersi, ma inteso come inizio di un percorso di responsabilizzazione. Il CRS attesta il possesso al tempo del rilascio delle caratteristiche richieste dalla legge. Ma poi che succede? Lo status di auto di interesse storico e collezionistico presuppone il possesso continuo dei requisiti, pertanto il custode dell’automobile dovrà sempre mantenerla correttamente e l’uso quotidiano è ontologicamente in contrasto con questa finalità. Il venir meno delle caratteristiche accertate in sede di rilascio del CRS dovrebbe comportare la revoca dello stesso con ogni prevedibile conseguenza in termini di recupero dei benefici fiscali eventualmente riconosciuti nonché il diritto stesso di circolare se lo stesso era a fondamento della sua rimessa in strada.

Ferrari 250 GTO

Alcuni potranno sollevare questioni morali senza però tener conto che bisogna essere seri e non cialtroni. Il plesso di benefici che il possesso del CRS garantisce, in prospettiva del fisiologico aumento delle automobili certificate, imporrà sempre maggior rigore. Se, come pare, le auto storiche avranno agevolazioni, deroghe o esenzioni dalla stretta osservanza dei divieti di circolazione che invece colpiranno le altre vetture, quello che si chiede al proprietario è osservare costantemente il fondamento del trattamento premiale, ovverosia la funzione culturale che l’auto storica svolge a vantaggio di tutta la collettività. Ultimamente si ricorre a metafore romantiche per descrivere le automobili storiche, almeno alcune di queste: opere d’arte, sculture su ruote, etc.…Tuttavia, sbirciando nei gruppi di “appassionati” molti rifiutano l’idea di trattarle come tali, per esempio promuovendone l’uso quotidiano quasi fosse un vanto. L’uso quotidiano è compatibile con l’essere un bene fragile, deperibile e in alcuni casi irripetibile? Certamente no. Tornando al linguaggio spesso il termine ‘irripetibile’ viene spesso usato in maniera ambigua. L’aggettivo irripetibile serve a indicare sia un modello concepito e realizzato in una sorta golden age dell’automobilismo, ovvero in un suo momento particolarmente felice, ma anche, parlando di esemplari più comuni o nati sotto stelle meno promettenti, per descrivere lo stato di conservazione in cui l’automobile si trova. Più che riferito a un modello, trovo che irripetibile sia effettivamente solo la condizione dell’esemplare specifico, il suo stato esistenziale, la storia che racconta. Questo è veramente irripetibile, questo incarna il valore vero, non traducibile nel generatore simbolico di tutti i beni (il denaro) perché è in sé. Poi se vogliamo attribuirgli un valore, questo varierà sulle corde delle sensibilità individuali ma l’essenza stessa dell’irripetibilità è fuori discussione. Un’automobile conservata dignitosamente, porta con sé la memoria del suo passato, dei suoi proprietari, e il suo essere (stato) oggetto di desiderio. Il restauro cancella, resetta, fa brillare, illude, e poi? Se un’automobile è conservata in condizioni originali e in regola con le normative per la sua circolazione, viene restaurata, il prezzo che le si fa pagare è la perdita della memoria, la sua capacità di raccontarci il tempo che fu. Dovremmo uscire dalla concezione nichilista del restauro, il primato dello scintillio è illusorio, le lancette girano ma a vuoto. Lo scollamento dei piani che si è operato a danno dell’automobile provoca confusione, e la spinta alla sua conservazione non retroagisce più in noi come motivazione e subentra (molto spesso) il desiderio di vendere.

Un’automobile è veramente di interesse storico e collezionistico in misura proporzionale al rispetto delle sue condizioni originali e il restauro non necessario è da evitare. La disciplina di tutela dovrebbe essere mutuata da quella dettata per i beni di interesse storico e artistico, dove le iniziative del proprietario sono valutate dalla Soprintendenze. Fatte le dovute proporzioni, in Italia ci sono ancora automobili che rischiano la rovina per eccesso di restauro. L’ASI e gli altri certificatori più di tanto non potranno fare, ma gli enti preposti alla tutela del patrimonio storico e artistico nazionale sì. L’ordinanza del Tribunale di Bologna che ha riconosciuto la qualità di opera d’arte e l’applicazione della disciplina del diritto d’autore alla Ferrari GTO va nel senso di riconoscere tutele sempre maggiori e, sempre in questa direzione, tempo fa il MIBACT è intervenuto vincolando d’urgenza alcune automobili in corso d’asta. Nell’interesse della conservazione più autentica del nostro patrimonio nazionale, se vorremo continuare a goderci le nostre automobili queste dovranno inevitabilmente rispondere a criteri sempre più stringenti, che porteranno gli “appassionati della domenica” a dedicarsi ad altro perché prendersi cura di un’opera d’arte costa fatica e dedizione e per farlo ci vuole quella quotidiana voglia matta, quella inebriante follia che si chiama passione.

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Classe '76, Dottore di ricerca, libero professionista e Master Sommelier FIS, coltivo da sempre la passione del vino e delle auto d'epoca. In entrambi i settori concentro il mio interesse sulle produzioni italiane di eccellenza come strumenti di crescita economica e diffusione della nostra cultura nel mondo. Punti deboli? Le supercar '60 e '70 ed i grandi rossi dell'Etna!