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40° Anniversario Alfa 75 – Il Cuneo Diventato Leggenda
LA GRANDE FAMIGLIA ALFISTA, CHIAMATA A GRAN RACCOLTA PRESSO IL MUSEO DI ARESE, CELEBRA QUASI MEZZO SECOLO DI QUELLA CHE E’ LA CREAZIONE PIU’ RIMPIANTA E RICORDATA DELLA STORIA DEL BISCIONE

Quella che si è tenuta presso l’ex centro direzionale è, sicuramente, l’evento più partecipato e memorabile da quando ha aperto al pubblico: oltre 300 esemplari di 75, provenienti da ogni angolo d’Italia e da oltre confine, anche negli allestimenti più introvabili, si sono radunati qui per festeggiare i quarant’anni di questo indimenticabile modello disegnato da Ermanno Cressoni che, fino al debutto delle attuali Giulia e Stelvio, è stata considerata come l’ultima vera Alfa. Merito della titanica fatica fatta dal museo storico insieme al Club Alfa Romeo Dolomiti, all’Alfa Romeo Club Milano, e al Club Alfisti Romani che, insieme all’immenso calore emanato da questa comunità, hanno creato una festa di compleanno come probabilmente non se ne vedono in giro negli altri musei motoristici del mondo. Una glorificazione che, nel lontano 1985, data la situazione tragica dell’azienda, in pochi si sarebbero potuti immaginare. Il giusto riconoscimento per l’ultima della sua stirpe.
LA SQUADRA AL COMPLETO

All’appello hanno risposto possessori con tutte le varianti di 75 passate a listino, in tutte le cilindrate e potenze: qui ad Arese si è potuto udire il rombo dei vecchi motori, a carburatori e ad iniezione, insieme ad accenti sparsi dal Veneto alla Sicilia, con una massiccia presenza pure di sardi. Se per la maggiore si sono viste quelle canoniche; 1.6 e 1.8, fino al 2.0 Twin Spark; è stupefacente beccare in un solo colpo più unità di Milano, ovvero la 75 per gli States; la V6 2.5 e la 3.0; ma mai quanto a quelle, forse contabili tutte su una mano, immatricolate con le targhe nere, abolite e rimpiazzate da quelle bianche proprio pochi mesi dopo la presentazione alla stampa. Fa piacere soprattutto che il grosso delle Alfa 75, che hanno invaso quanto rimane della fucina che le ha date al mondo, siano state in larghissima parte, per restauro integrale o conservazione, fedeli a come uscite dalle catene di montaggio, anche se qualcuna parecchio smanettata c’è stata, ma nulla di male perché se c’è una cosa davvero incompatibile con la 75 è la noia.
UN SEGNO INDELEBILE

Tutte le Alfa 75, invece di spegnere le candeline, magari con una sgommata, si sono radunate sulla pista del museo per farsi riprendere dall’alto, formando sull’erba quello stesso numero a due cifre che fa tanto impazzire gli alfisti, e non solo gli alfisti. Alla conferenza, tenutasi nella Sala Giulia, il curatore Lorenzo Ardizio ha chiamato a raccolta sul palco quelle persone che hanno contribuito alla nascita di questa mitica due volumi e mezzo, chiamata all’epoca all’arduo compito di salvare un’Alfa Romeo dall’orlo del precipizio. Elvira Ruocco, Aldo Oreggioni, Sebastiano Caprì e Zbigniew Maurer hanno raccontato dell’ansia, dei ritmi frenetici, dell’ossessione alla perfezione qualitativa che hanno segnato quei giorni tra il reparto progettazione di Arese, il Centro Stile al Portello e la pista di collaudo di Balocco. Grande guest star la famosa “Numero 2”, ovvero il secondo esemplare prodotto in assoluto, una 2.5 Quadrifoglio Verde rosso pastello che ha accompagnato la presentazione alla stampa al suo debutto.

Il quarantesimo anniversario dell’Alfa 75 è stata una dimostrazione di forte affetto per un modello che, pure quando sera solo “vecchio” ha sempre ricevuto solo rispetto e ammirazione da parte di tutti, in quanto testimonianza di un modo di fare automobili che, già in tempi non sospetti, cominciava ad essere messo un po’ in discussione. Simbolo di quella capacità, spesso lodata in Italia, di raggiungere grandi risultati con poco a disposizione.