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Auto storiche: la proposta del RIVS

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Dopo aver già affrontato i temi riportati in auge dal Ddl Stabilità, vogliamo dare ora spazio alla proposta del RIVS, il Registro Italiano Veicoli Storici.


Le vicende delle ultime settimane ci hanno portato a rimettere mano a una nostra vecchia proposta di modifica della normativa relativa ai veicoli storici, con la speranza che in vista di eventuali stravolgimenti questo nostro testo possa servire da riferimento per evitare che soluzioni radicali ed immotivate –  Ogni riferimento alla Legge di Stabilità attualmente in discussione è voluto – diano il colpo mortale ad un patrimonio motoristico nazionale già preda degli acquirenti esteri.

L’obiettivo di questa nostra proposta era e rimane quello di offrire una soluzione in grado di fornire la risposta a tutte le problematiche che da quindici anni circa si ripropongono per tutte le parti in causa: da una parte la necessità di garantire equità agli appassionati/contribuenti; dall’altra la garanzia di un controllo attento, affinché le agevolazioni previste non siano distribuite senza criterio. Rispetto alla nostra precedente proposta che prevedeva quattro punti abbiamo ritenuto opportuno integrarne un quinto che esula almeno in parte dal nostro campo di competenza, ma che riveste un’importanza fondamentale, visto che prevede una riformulazione tout court della Tassa di Proprietà, meglio nota come Bollo Auto. Vediamo quali sono questi cinque punti.

VALORE AL VALORE –  Rimodulazione della Tassa di Proprietà per i veicoli non storici

Ci avventuriamo in un campo che non ci appartiene, almeno a prima vista, ma la tassa di proprietà –  che in molti paesi è tassa di circolazione – per i veicoli “nuovi” finisce inevitabilmente con il ripercuotersi nell’ambito dei veicoli storici. L’agevolazione sul “bollo” non è forse uno dei motivi del proliferare di certificazioni contro cui l’ACI punta il dito? Ci chiediamo dunque se non sia il caso di riformulare questa tassa, passando da un sistema di imposizione basato sui KW ad uno basato sul valore dell’auto. Al compimento del ventesimo anno poi il proprietario potrà decidere se continuare a pagare la tassa normale o se certificare la storicità del veicolo e di conseguenza pagare una tassa forfettaria.

UNA LEGGE UNICA – Uniformare la definizione normativa di Veicolo Storico

Una normativa completa deve agire in maniera univoca a tutti i livelli inerenti il motorismo storico: circolazione dei veicoli, immatricolazione di veicoli provenienti dall’estero, reimmatricolazione di veicoli radiati, agevolazioni fiscali. Esistono attualmente due definizioni, una di veicolo storico definita dall’articolo 60 del Codice della Strada e una di veicolo di particolare interesse storico definita articolo 63 della legge 342/2000. Crediamo che sia giunta l’ora che tale definizione venga resa univoca e venga utilizzata come riferimento per tutti i campi di applicazione. Una nuova e più funzionale definizione potrebbe essere la seguente:

“E’ da considerarsi veicolo storico ogni autoveicolo, motoveicolo, triciclo, quadriciclo e ciclomotore, ad esclusione dei mezzi adibiti ad uso professionale, a partire dal ventesimo anno dalla data di costruzione, a cui sia stato rilasciato il certificato di rilevanza storica e collezionistica da parte di uno degli enti riconosciuti.”

MAGGIOR CONCORRENZA –  Stop al Principio di Autorità

Come definire questi “enti riconosciuti” di cui parliamo al punto precedente? Innanzitutto cominciamo col dire che è opportuno che gli enti riconosciuti non vengano indicati in maniera immutabile dalla legge stessa, creando di fatto un monopolio o un oligopolio, come è stato in questi anni. Lo status di ente certificatore dovrebbe prevedere dunque che questi enti debbano rispondere a precisi criteri oggettivi e di competenza.

Criteri oggettivi

  • Abbiano sede sul territorio Italiano;
  • Siano costituite da almeno 5 anni;
  • Siano presenti in almeno dieci regioni con una sede di riferimento;
  • Abbiano un minimo di 50 club affiliati;
  • Abbiano un minimo di 5.000 soci tesserati.

Criteri di competenza

  • Ogni ente dovrà fornire l’elenco dei commissari autorizzati al rilascio delle certificazioni;
  • Ogni ente dovrà avere un responsabile regionale;
  • Ogni responsabile dovrà frequentare un corso di formazione/aggiornamento specifico per la propria figura;
  • Al termine del corso sarà previsto un esame di abilitazione;
  • L’esame di abilitazione andrà ripetuto ogni cinque anni
  • Sia i corsi, che gli esami saranno soggetti al controllo di una Commissione Ministeriale permanente (Ministero dei Trasporti).

Il medesimo riconoscimento potrà inoltre essere conferito ai registri storici istituiti dalle case automobilistiche aventi almeno una sede operativa sul territorio nazionale.

CREAZIONE DI UN’AUTORITA’ NAZIONALE

Come anticipato al punto precedente la proposta del RIVS prevede una Commissione Ministeriale, la quale avrebbe funzione di garanzia per lo Stato, attribuendo il riconoscimento agli enti e verificando periodicamente che essi rispettino i criteri necessari per ottenere la qualifica di ente certificatore di veicoli storici. Non solo, la Commissione potrebbe  verificare periodicamente il lavoro degli enti,  rendendoli responsabili della veridicità delle dichiarazioni rese con il certificato di interesse storico e collezionistico e obbligandoli a svolgere le proprie funzioni nella maniera più corretta possibile, pena la sospensione o revoca del riconoscimento. Gli enti riconosciuti potrebbero inoltre costituire un “Coordinamento Nazionale” con finalità di autocontrollo.

CONTROLLO PERIODICO – Stop alle certificazioni una tantum

Infine uno dei nostri cavalli di battaglia. Così come gli enti riconosciuti dovrebbero essere costretti a una verifica periodica dei propri requisiti e del lavoro svolto, anche i certificati rilasciati per i veicoli dovrebbero avere una data di scadenza. Non è compito della revisione periodica, come sostengono alcuni, stabilire se un veicolo è storico o meno. Questo è uno status che deve essere certificato da tecnici esperti e competenti. Il RIVS propone dunque che le certificazioni rilasciate dagli enti riconosciuti non possano valere più di tre anni, passata tale data il veicolo dovrà essere sottoposto a un nuovo esame.

Speriamo che questa nostra proposta , come sempre  passibile di variazione e miglioramenti a seguito di un confronto serio, sereno ed efficace, possa essere d’aiuto e faccia cambiare idea, o almeno insinui qualche dubbio, a chi con un frettoloso colpo di spugna rischia di cancellare buona parte del nostro patrimonio motoristico.


Come sempre VitadiStile è curioso di sapere la vostra opinione, che ne dite di questa proposta?

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Classe 1988, nato a Codogno e laureato in Giurisprudenza, dopo qualche mese nel mondo della selezione del personale, ora sono District Manager per un gruppo assicurativo francese. Petrolhead da sempre, mi divido tra fotografia (di cui mi dovrò decidere a frequentare un corso) e degustazioni. Il tutto accompagnato dal costante confronto con i fondamentali del social media mktg. Con VitadiStile facciamo divulgazione storica del mondo dell'auto e diamo spazio a giovani appassionati.

3 Comments

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    PeoFZ1600

    12 Novembre, 2014 at 13:04

    Ci sono alcune proposte che possono peggiorare le condizioni
    1) Perchè richiedere ogni 3 anni la revisione dell’iscrizione ai registri o altri enti certificatori? Così chi non ha pagato l’obolo annuale, si vede rifiutata la certificazione indipendentemente dalle condizioni del veicolo
    2) tassa in funzione del valore del veicolo, cioè una patrimoniale. Perchè allora non tassare con patrimoniale gioielli orologi e opere d’arte? Perchè il desiderio di continuare a possedere qualcosa deve essere tassato? Oltretutto qualcosa che movimenta maggiormente l’economia rispetto agli altri beni citati.
    3) si incrementa la già pesante burocrazia. Chi paga i “corsi di formazione” e soprattutto chi li tiene? Quanto costa mantenere le relazioni tra i vari enti certificatori?
    4) Il Lancia club, titolare del RSL ha circa 2000 soci, e una decina di club affiliati. Secondo le farneticazioni numeriche del RIVS non avrebbe diritto a certificare i veicoli…

    In ogni caso, la proposta RIVS presenta due pecche:
    1) ha un tono simile a quello dell’ACI che sgomita per entrare nel gioco
    2) ha una struttura complicante anzichè semplificante: a questo punto preferisco la situazione post legge di stabilità: fa piazza pulita e riporta gli enti certificatori al loro naturale lavoro

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    Francesco

    12 Novembre, 2014 at 23:47

    Buonasera, mi sembra una proposta equilibrata e sensata, anche se il periodo di verifica lo ridurrei al biennio!

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    tiziano

    13 Novembre, 2014 at 05:03

    Secondo me il problema è un altro. Il bollo o la tassa di possesso deve essere incassato dalla stato con un accisa sul carburante. Si evitano iscrizioni fantomatiche ai registri storici che iscrivono effettivamente le auto di interesse storico e collezionistico. Tutti indistintamente lo pagano. Problema non indifferente. Non ci saranno più controlli a posteriori quindi non più cartelle esattoriali. Si semplifica la vita ai cittadini. Si incrementa il mercato. Si riduce la radiazione di veicoli per esportazione e la circolazione con targhe estere. Ecc. Ecc.