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2CV in fiore: la prima volta in 2CV
Ho sempre amato l’anticonformismo del marchio Citroen e la 2CV, insieme alla DS, ne è la portabandiera. Lo è stata per più di 40 anni. La ricerca di soluzioni semplici a problemi che tutti gli altri marchi risolvevano aggiungendone di nuovi mi ha sempre affascinato. Spesso all’avanguardia, salendo su una vettura classica del marchio oggi si trova sempre qualche caratteristica che la rende estremamente attuale.
Ecco perchè, quando l’amico Luigi Vetrucci (grande collezionista del marchio ndr.) mi chiamato qualche settimana prima per propormi di partecipare al raduno tematico organizzato dal concessionario di zona, ho risposto subito entusiasta. La proposta, infatti, non consisteva solo nell’invito all’evento, ma comprendeva anche la possibilità di guidare una delle sue magnifiche 2 CV: più precisamente una Chaleston del 1987, grigio bicolore.
Ritrovo domenica mattina a ritirare la vettura e primo impatto, basando le mie aspettative solo sui riferimenti di altri possessori. Ho, infatti, coronato un sogno nel cassetto che avevo da anni, non avendone mai guidata prima una. Mi ero limitato a brevi esperienze da passeggero. In breve, il feeling è stato immediato: un colpo di fulmine! Fisica e meccanica, affascina con un contatto diretto a tutti i comandi, il corto (lunghezza delle marce ndr.) cambio 4 marce a ombrello ha inneschi sinceri, così come le sensazioni allo sterzo. La prima sembra quasi un primino da fuoristrada e questo fa ricordare l’anima “campagnola” del mezzo e la sua iniziale destinazione, in un’epoca in cui le strade asfaltate erano un eccezione, ben lontana dalla semplice suggestione off road dei moderni SUV e Crossover.
Il primo a pensare ad una vettura pratica e molto utilitaria fu André Citroën. nei primi anni ’30, accantonata per accelerare il percorso della Traction Avant: non erano certo le gamme da 20 modelli cui siamo abituati oggi! Fu il nuovo vertice Pierre-Jules Boulanger, a riprendere l’idea di una vettura economica per stare al passo dei competitor.
Negli anni precedenti l’inizio della WW2, tutte le case automobilistiche popolari avevano progetti di motorizzazione di massa, per portare anche in Europa (pur in un’epoca critica) l’evoluzione che si riconosce alla Ford T negli USA. In quegli anni la Fiat stava vendendo la Balilla, simbolo del regime, la VW preparava la maggiolino e la Renault pensava alla 4CV. Così Boulanger dettò le linee guida all’allora direttore dell’ufficio Maurice Brogly con le seguenti parole:
« Faccia studiare dai suoi servizi una vettura che possa trasportare due contadini in zoccoli e 50 kg di patate, o un barilotto di vino, a una velocità massima di 60 km/h e con un consumo di 3 litri per 100 km. Le sospensioni dovranno permettere l’attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle, e la vettura dovrà essere adatta alla guida di una conduttrice principiante e offrire un confort indiscutibile. »
Al di là della velocità max, vi stupirebbe ancora oggi, non credete?
Accantonata la breve, ma doverosa, presentazione del modello, partiamo alla volta del punto di ritrovo del raduno, il concessionario Bussandri di Fiorenzuola, che ha accolto i partecipanti con un clima festoso e sbarazzino, molto anni ’60: dalle ragazze vestite a tema, alla musica, ai dolcetti a forma di 2CV!
Dopo aver apprezzato le opere esposte per i concorsi legati al raduno (studenti e artisti), abbiamo potuto passeggiare tra le vetture partecipanti, una panoramica della storia del modello, con qualche derivata (Dyane, Mehari, Burton e furgonette). Nota di merito per la Soleil presente, non prodotta all’epoca, ma riproposta nel 2016, è un’abbinamento veramente azzeccato.
Avviata la carovana verso il caratteristico borgo medioevale di Castell’Arquato, la spartanità della 2CV non ha intaccato il piacere della passeggiata, anzi ne è diventata un moltiplicatore. I solidi vetri ribaltabili e l’andatura con meno rollio delle aspettative (anche forzando un pò il ritmo) vanno a braccetto con la frenata cui porre attenzione (meglio non frenare all’ultimo come per cattivo uso si fa oggi) e la semplicità della strumentazione. Oggi pare strano non vedere il contagiri, del resto su un’auto tranquilla non serviva. Ampia nell’abitacolo più di quanto l’esterno potrebbe fare pensare, può accogliere 4 persone di media statura senza problemi, lasciando posto ad altri oggetti nel bagagliaio. Ben più di quanto altre utilitarie degli anni ’50 e ’60 consentissero. Il confort, al di là del rumore meccanico, è per spazio e assorbimento delle asperità vicino agli standard moderni.
Quello che non si può scrivere è la gioia che trasmette nel guidarla: sarà per il look sbarazzino (un ombrello su 4 ruote ricordando le direttive) o per i limiti motoristici che invitano a godersi il momento e il panorama. Per non veloce in senso assoluto, in statale a 90 Km/h è a suo agio e se si vuole evitare l’autostrada per mantenere il contatto con il territorio, si può affrontare anche un viaggio di media/lunga percorrenza. Le celebri gite in Spagna on the road di qualche decennio fa sono la sfida ideale!
Tornando al nostro itinerario, a Castell’Arquato ci siamo subito calati nell’atmosfera perchè ci ha accolto un comitato di sbandieratrici medievali. I molti turisti presenti hanno apprezzato sia l’improvvisata, che l’arrivo del variopinto museo viaggiante. Giro nel borgo e foto di rito al Castello, di cui restano mura e torre completa, oltre ad un’occhiata al panorama della vallata che si gode dal giardino a fianco.
Rimessi in marcia direzione Vigolo Marchesi per il pranzo, abbiamo sostituito la pianura del primo tratto alle dolci colline che circondano Castell’Arquato, passando nella vallata successiva, con vigne a perdita d’occhio. Arrivati al ristorante, i più di 50 equipaggi hanno potuto dilettarsi con l’altro punto di forza del piacentino: il cibo e, in particolare, i salumi! Clima piacevolissimo e conviviale anche a tavola. Dopo la torta è stato il momento di tornare a Fiorenzuola per le premiazioni dei vari concorsi.
Proprio riflettendo sui tempi dei vari trasferimenti e dei momenti di svago voglio fare i complimenti alle organizzatrici (si vede il tocco femminile!). Solitamente nei raduni capita di perdere qualcuno per strada, andare lunghi/corti coi tempi o incappare in altri imprevisti. In questa occasione, invece, si vedeva che nulla era stato lasciato al caso, dai vari punti ristoro, al coinvolgimento delle scuole, all’accoglienza nelle varie soste. Anche i più piccoli dettagli erano previsti, pronti ad arricchire l’allegra giornata dei partecipanti. Mi auguro di poter tornare l’anno prossimo (se Luigi mi ripresta la 2CV o se nel mentre non ne ho comprata una…) e trovare 100 equipaggi!