Fuorigiri
Circuito di Piacenza: rombi fuggenti
Questo pezzo non vuole essere una cronaca minuto per minuto della due giorni del Circuito di Piacenza organizzato dal CPAE. No. Questo breve schizzo di inchiostro virtuale mi ha tenuto impegnato soltanto per un’oretta, forse qualche minuto in meno. Lo stesso tempo che ho avuto modo di dedicare a quel Circuito che Piacenza aspettava da tanto, troppo tempo.
La storia la sapete tutti: l’undici maggio di un lontanissimo 1947 la Ferrari 125S correva la sua prima gara proprio a Piacenza. Sabato 9 maggio eccola che ritorna e con lei una pattuglia davvero di eccezione. Sabato non c’ero. Impegni di vario tipo e di ben poco interesse mi hanno costretto in casa. Il Circuito di Piacenza era lì a qualche passo da me ma io proprio non potevo assistere ai passaggi. Fortuna ha voluto che il rombo dei motori potesse arrivare anche alla mia finestra. Una melodia d’altri tempi. Un suono che ha spinto la mia mente ad immaginarmi il passaggio dei vari concorrenti, quasi come se la mia mente fosse sul Facsal proprio nel bel mezzo della sfilata.
Devo confessarlo: anche domenica ho rischiato davvero di dover dare forfait. Quando la vita chiama anche i motori e le passioni devono attendere la luce verde del via. O forse no: perché rinunciare ad un piacere che si ha giusto sotto casa? Nessuna macchina fotografica professionale, un sole estivo e quello smartphone che già scalpitava pronto a riprendere qualche attimo, qualche rombo fuggente. L’impresa non era per nulla facile, lo sapevo bene. E anche gli scatti infatti non sono certo pari a quelli di una reflex. Sono soltanto degli attimi rubati alla storia del motorismo piacentino (e non solo).
Passo in quell’angolo di ombra sul Facsal giusto un’oretta, lo stesso tempo che ho dedicato a questo pezzo. Un’ora che resterà scolpita nelle menti di chi ha visto per la prima volta sfrecciare l’arte sotto casa. Il Facsal che diventa teatro per una decina di atti dove l’odore acre dei fumi di scappamento sfiora le corde della nostalgia. Passano, ripassano finché lo spettacolo finisce. Così com’è iniziato: quasi all’improvviso. Un’ora lunga sessant’otto anni.