Marchi del passato
Isotta Fraschini: ascesa e caduta della “dea alata” – Parte seconda
Dopo la nascita della Isotta Fraschini raccontata nella prima parte, vediamo l’evolversi del marchio milanese dopo l’accordo stipulato con l’azienda automobilistica francese Lorraine-Dietrich. Sull’onda di questo impulso Stefanini progettò nel 1908 la “Tipo FE”, un’automobile innovativa dotata di un motore di 1.207 cm³ e con la distribuzione ad albero a camme in testa.
La “FE” gettò le basi per la futura “FENC”, una vettura molto valida tecnicamente e con cilindrata del motore portata a 1.327 cm³.
In questi anni le Isotta Fraschini volavano sulle strade di tutto il mondo: negli Stati Uniti una vettura della casa milanese stabilì il record di velocità media di 105 km/h! Non meno veloce si rivelò la “Tipo KM”del triennio 1911-1914, un’automobile sportiva che fu tra le prime al mondo ad essere dotata addirittura di freni sulle ruote anteriori progettati da Oreste Fraschini. Alla “KM” seguì la “Tipo TM” del 1912 che fu l’ultima Isotta Fraschini a montare motori con albero a camme in testa e l’ultima vettura prodotta prima dell’inizio del primo conflitto mondiale.
Proprio durante la prima guerra mondiale, così come avvenne per altre aziende automobilistiche, l’Isotta Fraschini diversificò la sua produzione cominciando a produrre anche camion e rimorchi, oltre che motori per mezzi militari destinati ai soldati. Ma questo non servì ad evitare una profonda crisi economica post bellica in cui caddero anche altre numerose fabbriche automobilistiche. A risollevare le sorti dell’azienda italiana, orfana ormai anche del fondatore Oreste Fraschini, ci pensò il conte Lodovico Mazzotti che diede nuovo lustro alle vetture italiane con la complicità tecnica dell’ingegner Cattaneo che ormai era diventato il nuovo progettista capo dell’azienda.
Andando controcorrente i nuovi responsabili dell’Isotta Fraschini presero una decisione coraggiosa: concentrare tutta la produzione su un unico modello di auto di gran lusso e metterla in commercio al prezzo esorbitante di un quarto di milione di lire, l’equivalente di ben sette Rolls Royce! Fu così che nel 1919 fu presentata la “Tipo 8”, la prima automobile costruita in serie ad essere dotata di un grosso motore ad 8 cilindri in grado di fornire prestazioni estremamente valide sia su strada che su pista. Non a caso un giovane Enzo Ferrari in qualità di “corridore” scelse la marca milanese per disputare tre corse: la Parma – Poggio di Berceto, il Circuito del Mugello e la Coppa della Consuma.
Ma la “Tipo 8” non era solo potente: era anche estremamente lussuosa. Ormai le Isotta Fraschini stavano diventando il punto di riferimento tra le automobili in fatto di eleganza, velocità e lusso. La “Tipo 8” e le sue successive versioni come la “Tipo 8A” da 120 cv del 1924, la più sportiva “Tipo 8A SS” (dove SS voleva dire Super Spinto) da 150 cv del 1926 e la “Tipo 8B” da 150 cv del quinquenno 1931-1936 ben presto divennero le auto più desiderate al mondo.
Possedere una Isotta Fraschini voleva significare possedere una vera e propria opera d’arte: fu così che i principali rappresentanti delle case reali di quel tempo, zar, politici importanti e personaggi del mondo dello spettacolo si misero letteralmente in fila per avere una Isotta Fraschini nel proprio garage. In Italia molte personalità dello spettacolo legarono il loro nome a quello della Isotta Fraschini: Il Duce Benito Mussolini, ad esempio, il 7 settembre 1927 acquistò una “8A” avente telaio 1.408, mentre l’ultimo Re d’Italia, Umberto di Savoia, ordinò una coupè De Ville che rappresentava il modello più esclusivo e costoso. Il celebre attore Rodolfo Valentino invece, non accontentandosi di una, ordinò ben due coupè De Ville. L’Automobile Club d’Italia di Milano regalò addirittura una Isotta Fraschini anche a Papa Pio XI.
Tutte le personalità più in vista non si dimostrarono immuni al fascino delle Isotta Fraschini: fascino cui non seppe resistere neanche il poeta Gabriele d’Annunzio, grande appassionato di belle auto e della velocità. L’automobile era per il poeta pescarese uno dei mezzi di trasporto cui maggiormente era legato: l’auto era un’esaltazione del suo superuomo e della velocità, oltre che della bellezza. Ne è testimone una lettera che il poeta scrive all’onorevole Prospero Gianferrari della Isotta Fraschini riguardo la sua vettura personale (soprannominata “Papessa” in virtù dei colori bianco e gialla) in cui dice: “Carissimo Prospero, la grande macchina viene a riverire e a gratulare il suo genial creatore. La Papessa è ormai ammirata in ogni parte e acclamata dalle folle in ogni via… Ma alla potenza del motore talvolta non risponde l’impeto pronto della velocità. Forse mi sarà utile che tu esamini ogni congegno perché tanta magnificenza è degna della massima perfezione”. La vettura in questione era una “Tipo 8B” con telaio 1410 che, nonostante la critica di d’Annunzio, era in grado di raggiungere la velocità di 150 km/h.
L’amore di d’Annunzio per la velocità era di dominio pubblico, tanto che l’ultima fiamma del poeta, la Contessa Evelina Morasso Scapinelli scrisse così in una lettera: ”Gabri, si sta allestendo per te una nuova macchina. La grossa e ben pasciuta Papessa si sente indegna di te, non va più. E’ necessario per te un nuovo, poderoso ordigno, lucente ed aereodinamico il quale sappia condurti a San Zeno in 25 minuti.” Con l’amore di d’Annunzio si chiude la seconda parte della storia della Isotta Fraschini: appuntamento alla settimana prossima per la terza ed ultima parte.