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Alfa Romeo SZ: il “mostro” del biscione?

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“Mi ritorni in mente bella come sei…”: forse accostare le parole di Lucio Battisti all’Alfa Romeo SZ non è la scelta più ovvia che si possa fare, soprattutto in virtù del fatto che alla supercar del biscione venne subito accollato il nomignolo “il mostro” per via del suo aspetto non propriamente bellissimo e di gran lunga lontano dai canoni estetici in vigore negli anni in cui venne alla luce. Tuttavia chi scrive l’ha sempre amata ed ammirata proprio per quel suo linguaggio stilistico così audace e sfrontato che fin dalla presentazione avvenuta al Salone di Ginevra del 1989 divise non poco l’opinione pubblica.

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A fine anni ’80 l’Alfa Romeo si avvicinava all’ottavo decennale della sua storia in una forma non proprio smagliante: dopo essere entrata a far parte dell’orbita Fiat, la casa milanese fu dapprima costretta ad abbandonare le caratteristiche principali che ne avevano decretato il successo e successivamente fu obbligata ad abbracciare impostazioni tecniche e layout costruttivi propri della casa torinese. Purtroppo sappiamo tutti come andò a finire negli anni a venire e forse, col senno di poi, è proprio per questo che la SZ ha acquisito quell’aura di vettura ancor più speciale. All’epoca in cui i fatti si svolsero, Stefano Iacoponi (Direttore dell’ingegneria Alfa Romeo) presentò la SZ con queste parole: “Alfa Romeo ha inteso dare una concreta, tangibile prova della sua determinazione di rimanere fedele alla propria tradizione di marca specializzata in vetture sportive di alte prestazioni e tecnicamente avanzate.”

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Evidentemente la SZ ha però rappresentato il canto del cigno della sportività tipica dell’Alfa Romeo. Col passare degli anni la SZ ha dimostrato di poter essere qualcosa in più rispetto a quel progetto sperimentale per cui era stata concepita. Il nome in codice dato alla nuova creatura Alfa Romeo in sede di progettazione era originariamente ES30 che stava appunto per “Experimental Sportcar 3.0 litres”: un prototipo sportivo di coupè costruito poi in 1.036 esemplari con molti elementi innovativi che ne hanno caratterizzato la genesi fino a farlo diventare un manifesto delle potenzialità raggiunte dall’Alfa Romeo all’alba degli anni ‘90.

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Perché la SZ è così speciale?? Cosa si nasconde dietro quelle linee così ardite?? Forse non tutti sanno che proprio l’idea architettonica alla base del suo particolare design è il risultato di una competizione: Vittorio Ghidella, all’epoca Presidente di Alfa Romeo, diede vita ad una sorta di sfida tra due team di disegnatori che ebbero l’onere e l’onore di disegnare la nuova coupè del biscione basandosi su pochi input iniziali come il telaio di derivazione Alfa Romeo 75, l’abitabilità da coupè ed un cofano imponente che desse l’idea di molti cavalli! Sulla base di questi pochi input, i due team preposti allo stile, il primo capitanato da Walter De Silva ed il secondo diretto dall’architetto Mario Maioli (capo dello stile Fiat, Lancia ed Alfa Romeo dell’epoca) si “sfidarono” mentre “l’arbitro” della sfida fu la Zagato Design che successivamente avrebbe dovuto occuparsi della produzione della vettura e da qui la “Z” di Zagato presente nel nome della vettura.

Alfa Romeo SZ by Zagato

A vincere la sfida fu il design ideato dal team coordinato da Mario Maioli che diede vita ad una idea di coupè davvero intrigante racchiusa in una carrozzeria caratterizzata da una spiccata linea cuneiforme. Conseguentemente alla scelta del bozzetto vincente, la palla passò ad un team di progettisti che diedero vita a qualcosa di profondamente innovativo per l’epoca: contrariamente alle tecniche standard in cui i designer realizzavano i bozzetti grafici e poi utilizzavano il computer per realizzare le matematiche del progetto, nel caso della SZ invece i disegnatori e gli ingegneri elettronici lavorarono a stretto contatto fin dall’inizio.

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Matematizzare fin da subito le superfici della carrozzeria consentì di poter effettuare anzitempo modifiche di design, prove aerodinamiche, realizzazione dei modelli di costruzione degli stampi, verifiche strutturali e perfino studi di abitabilità. Tramite l’ausilio di sistemi di progettazione CAD (Progettazione assistita da computer) e CAM (produzione assistita dal computer) fu possibile dar forma all’anima del progetto e dar vita a particolari come il parabrezza a doppia curvatura raccordato senza soluzioni di continuità alla linea curva che disegna tutto il padiglione e definire quella linea di cintura così alta e movimentata che assieme al sottoscocca parzialmente carenato schiacciava a terra la vettura!

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Grazie a questi particolari la SZ riuscì ad ottenere un ottimo CX aerodinamico di 0,30 e valori di portanza estremamente ridotti a tutto vantaggio di una elevata tenuta di strada che, tra l’altro, era uno dei punti cardine del progetto: la SZ raggiunse valori di accelerazione laterali addirittura di 1,3 “g” quando altre supercar ben più blasonate come la Lamborghini Diablo, la Porsche 911 e la Lotus Esprit non andarono oltre 1.09 “g”!

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Piccola parentesi: merito di questo record fu anche da riconoscere alle gomme scelte per calzare la SZ: le Pirelli P Zero da competizione con disegno asimmetrico che, guarda caso, avevano rappresentato anche l’equipaggiamento standard della Ferrari F40! Anche sotto il vestito, la SZ è stato il frutto di preziosismi tecnici d’avanguardia: il telaio in acciaio ereditato da quello delle 75 3.0 V6 America da competizione fu unito ad una carrozzeria costituita da alluminio per il tetto, da fibra di carbonio per lo spoiler posteriore e da un materiale composito tra fibra di vetro e resina metacrilica termoindurente Modar…tutto questo in un momento in cui la tecnologia dei materiali compositi stava dilagando in Formula 1!

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Questi elementi sono stati il risultato delle idee creative dei disegnatori unite ai calcoli matematici dei computer che hanno dato concretezza alle forme. Questo processo di condivisione dei risultati tra disegnatori ed ingegneri ha portato ad un vero e proprio record: quello di passare da un foglio bianco alla produzione in soli 19 mesi…un risultato ancor oggi di difficile realizzazione!

 

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La SZ non fu solo tecnologia all’avanguardia, fu anche elogio della tradizionale sportività di casa portata per l’occasione ai massimi livelli: il cuore del progetto fu preso dal glorioso V6 “Busso” 3.0 che dai 192 cv della versione di serie raggiunse i 210 cv grazie ad una serie di interventi mirati su fasatura, rapporto di compressione e geometria dei condotti e a soluzioni originali come quella ad esempio di una specie di “sovralimentazione naturale” resa possibile grazie all’adozione di piccoli stratagemmi meccanici per convogliare l’aria in un certo modo ed incrementare così la potenza!

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La SZ sviluppò lo schema Transaxle con il propulsore montato anteriormente in posizione longitudinale, il cambio al posteriore sul differenziale autobloccante al 25% e la classica trazione posteriore. A livello prestazionale la cartella stampa dell’epoca prometteva uno 0-100 km/h in 7” ed una velocità massima di 245 km/h  oltre che un piacere di guida inebriante. La sportività di casa regnava anche nell’abitacolo dove c’era una perfetta armonia tra la tecnologia e la tradizione: i bei sedili altamente profilati e rifiniti in lussuosa pelle cognac, gli sportivi pannelli in carbonio a vista che dominavano il cruscotto, il piccolo volante sportivo a tre razze ma ricoperto in morbida pelle e la moquette di colore beige nella parte bassa non facevano che esaltare il contrasto tra un’anima elegante ed uno spirito corsaiolo.

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Ora chiudete gli occhi, fate un salto indietro nel tempo a cavallo tra fine anni ’80 ed inizio ’90 ed immaginate di stare fermi al semaforo di una grande città: fate mente locale alla moltitudine di auto che vi passano davanti caratterizzate da linee per lo più squadrate e monocromatiche e, mentre siete in attesa della luce verde, ecco che all’improvviso passa lei…la SZ nella classica livrea rosso/nera. Allora vi chiedo: dopo quello che avete letto ed immaginando quello che la SZ sarebbe potuta essere, la chiamereste ancora “il mostro”??

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Sono nato ad Isernia nel 1979 e mi sono laureato in Scienze Politiche nel 2004. Fin da piccolo appassionatissimo di automobili, ho sempre lavorato nel settore automotive. Amo le auto classiche: quelle che mi fanno battere il cuore e sgranare gli occhi al primo sguardo, quelle che mi emozionano al solo metterle in moto, quelle che mi coinvolgono nella guida perchè hanno anime lontane anni luce da quelle super tecnologiche di oggi. Sono un inguaribile romantico cui piace guardare e guidare belle auto sulla scia di una calda emozione di sentimenti e non sulla base di freddi numeri prestazionali. Dimenticavo: sono qui perchè mi piace scrivere di auto classiche e raccontare eventi in cui si respirano ancora tradizioni e passioni che vivranno per sempre. Auto avute: Fiat Panda 750 Young '88, Fiat Punto '01 e '02, Lancia Y '09 Auto attuali: Alfa Romeo GT '05, Mazda MX-5 '97, Jaguar XJ8 '98

2 Comments

  1. Avatar

    Massi

    25 Febbraio, 2016 at 23:49

    Complimenti per l’articolo! Una ottima analisi della storia di questa Sz ( vera super car), accompagnata da tanti utilissimi dati storici per chi non li conoscesse. È un Mostro di prestazioni di tenuta di strada e di sensazioni uniche al suo volante. La sua estetica , all’epoca non compresa da molti, e’ attualissima ancor oggi. Sicuramente brutale …di una bellezza controversa ma che non passa inosservata. Una delle poche Alfa Romeo dal dna puro. Per molti l’ultima vera Alfa Romeo.

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      Antonio Iafelice

      26 Febbraio, 2016 at 22:05

      Grazie a te per i complimenti e per aver colto lo spirito dell’articolo! Effettivamente la SZ nacque per essere la massima dimostrazione sportiva di cosa fosse capace Alfa Romeo, salvo poi ritrovarsi sola ed isolata in un contesto assai diverso da quello in cui fu concepita. Per fortuna le sono stati riconosciuti i meriti che le hanno permesso di ritagliarsi un piccolo spazio nel dorato mondo delle auto sportive.