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Olivetti: quando Futuro si scriveva con la O

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Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante , una destinazione, una vocazione anche nella vita di fabbrica?
(Adriano Olivetti)

Parlare di Olivetti nel 2013 potrebbe apparire per certi versi un “esercizio di nostalgia” pensando a quello che il Made in Italy significava in ambito elettronico fino a qualche decennio fa: la società fondata ad Ivrea nei primi del Novecento, e soprattutto il presidente Adriano Olivetti, seppero coniugare l’innovazione e la ricerca tecnologica  con l’attenzione per l’ambiente di lavoro e soprattutto per il design.

Adriano Olivetti e lo stabilimento d'Ivrea (corriere.it)

Adriano Olivetti e lo stabilimento d’Ivrea (corriere.it)

Design per l’industria:  potremmo così sintetizzare il modus operandi espresso sotto la guida di Adriano Olivetti le cui grandi passioni erano l’urbanistica. Limitare il nostro sguardo a quello che Olivetti significò in ambito squisitamente informatico significherebbe però cadere in un facile equivoco: l’attenzione del patron infatti non fu rivolta soltanto al design dei propri prodotti ma anche a quello del luogo di lavoro e di conseguenza all’architettura industriale.
Lo stabilimento Olivetti di Ivrea è un chiaro esempio di come il mondo dell’industria possa coniugarsi con un ideale architettonico innovativo e soprattutto attento alle esigenze dei lavoratori:  architetti del calibro di Filini e Nizzoli si videro commissionare molteplici interventi di ampliamento dell’unità produttiva nonché di progettazione di spazi dedicati a servizi per dipendenti e famiglie. Potremmo citare qui l’asilo e le residenze realizzati ad Ivrea coniugando una vena futurista (Nizzoli era allievo di Sant’Elia) ai disegni di Le Corbusier.

Palazzo Uffici Olivetti

Scalinata del Palazzo Uffici ad Ivrea realizzata da Fiocchi, Bernasconi e Nizzoli

Design per l’industria: non commettiamo certo un peccato di presunzione nel dire che il design italiano nasce con Olivetti. La celeberrima “Lettera 22” è forse il prodotto che per primo ha fatto conoscere il brand Olivetti nel mondo e ancora oggi a distanza di quasi settant’anni è considerabile come “moderno” nonostante lo sviluppo incontrollabile di tutto ciò che orbita intorno a informatica ed elettronica. Il MoMA celebra Olivetti dedicando ampio spazio a litografie e prodotti che, nati per l’ufficio, hanno saputo conquistare un posto nella storia dell’arte.

Litografie Olivetti al MoMA

Alcuni esempi di litografie Olivetti conservate al MoMA

Design per l’industria…ma non solo: la poliedricità di Olivetti si rifletté al di fuori della produzione industriale fine a se stessa. Design sì, ma anche passione per l’automobilismo: i prodotti di casa Olivetti fecero capolino alla “24 ore di Le Mans” del 1967 quando uno dei primi computer da tavolo (il Programma 101)  fu utilizzato per l’elaborazione ora per ora della classifica.
Il grande passo arrivò però nel 1986 con la sponsorizzazione della scuderia Brabham. Brabham che quell’anno vide la firma di  uno dei più grandi talenti ingegneristici di sempre: Gordon Murray. La Brabham BT55 si caratterizzava per un’altezza piuttosto bassa, tanto che venne ribattezzata “sogliola”.

Elio de Angelis

Elio de Angelis al volante della Brabham nel 1986

Designi per l’industria: storia di un passato che ha reso il Made in Italy famoso, storia di un marchio che è sinonimo di macchine per scrivere e computer. Storia, per l’appunto: quella che Olivetti ha scritto pensando al futuro.

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Classe 1988, nato a Piacenza, sono dottore in Giurisprudenza e redattore per Sportpiacenza.it. Collaboro attivamente con un forum di Fantacalcio e scrivo pezzi, dai contorni semi-seri, dedicati alla mia città. Appassionato di informatica, fantascienza in ogni sua declinazione e teatro mi sono avvicinato soltanto da poco al mondo dell’auto d’epoca. Inguaribile nostalgico, setaccio la rete a caccia di video di Gran Premi anni ‘70 e rally che hanno fatto storia. Come sogno nel cassetto ho una muscle car, magari una Corvette di fine anni Sessanta.