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Automotoretrò 2018, Fiera o Sagra paesana?

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Torino, la prima capitale d’Italia merita qualcosa di meglio che una fiera farcita di maionese e cipolle in salsa bbq. La memoria dei saloni dell’automobile-appuntamenti attesi tutto l’anno per vedere le anteprime mondiali di quelle automobili che avevano qualcosa da dire- meritava qualcosa di meglio che un parcheggio alla rinfusa senza nessuna logica. Il Lingotto meritava di ospitare un evento decente e non tre padiglioni che contenevano di tutto, dallo stand della colla attaccatutto a una Mercedes CLS di qualche anno ( che storica non è e mai lo sarà, ma questo è un altro paio di maniche).

La visita domenicale è cominciata subito bene: ad accoglierci il padiglione storico all’interno del Lingotto chiuso da pannelli e catene arrugginite, una vecchia Mercedes S anni 80 triste e taroccata e una improbabile Lancia Thema sporca, fatiscente e con cerchi tamarri. Alle sagre si sa, c’è un po’ di tutto ma a Torino hanno fatto le cose precise. Entrando nel padiglione principale i club hanno alzato un po’ il morale: come spesso succede le automobili esposte erano belle, raccontate bene e conosciute dai soci presenti che non si sono risparmiati in dettagli, curiosità e aneddoti. Senza di loro si poteva anche chiedere il rimborso del biglietto e andarsene subito.

Ma andiamo con ordine. Alla pletora delle Eccelse (chi bazzica un po’ nel mercato avrà probabilmente capito), che quest’anno lo erano davvero poco a parte un paio di pezzi di assoluto pregio, e qualche altra bella macchina si contrapponevano automobili entrate lì dentro con chissà quale promozione, forse con un upgrade gratuito tipo Trenitalia, che anziché stare al parcheggio della Coop hanno avuto un weekend di gloria nel padiglione della Sagra di Torino. Poi nello spazio riservato ai commercianti e privati ci siamo divertiti un sacco, si fa per dire. La Fiat 2300S è una automobile che personalmente mi piace da sempre, fatico un po’ a capirne la linea ma la trovo interessante specialmente alla luce del fatto che è stata top di gamma per la Fiat per un bel po’, prima dell’avvento della 130 rimasta desolatamente senza eredi. Un bell’esemplare di altrettanto accattivante blu metallizzato con interni in sudorifero ski rosso era ben in mostra. Il commerciante, dietro richiesta di informazioni, ha esordito con un bel ‘restauro totale’!

A casa mia le parole hanno un senso, e restauro totale significa una cosa precisa. Tuttavia per fugare dubbi interpretativi chiedo cosa significhi ‘restauro totale’. L’improvvisato venditore (nonostante mi abbia poi confidato con stizza di fare quel mestiere da 15 anni; però anche le capre sanno che istruire non significa certo educare) precisa che oltre ai lavori integrali di carrozzeria (i fondi!) il motore era stato oggetto di un check-up non meglio precisato dall’immancabile ‘precedente propietario’. Alle mie semplici richieste di approfondimento tecnico sui lavori fatti, non ha saputo spiaccicare una parola se non ‘forse questa macchina non va bene per lei’. La macchina non c’entra nulla, lui ne ha dato una pessima immagine. Veniamo a una bella Beta Montecarlo azzurrina con interni rossi. Altro esempio di automobili in mani poche propense al confronto. Lungo elenco di modifiche ai freni e al motore assolutamente opinabili ma non reggendo più la conversazione siamo stati anche qui liquidati in malo modo, forse perchè avevamo messo il dito in quella piaga che brucia ancora. Non ne esce bene il settore, soprattutto gli addetti dimostrano di non essersi accorti che gli anni 2014/2015 sono finiti e con essi anche i ‘buyer’ del ‘basta che abbia un volante’. I compratori si sono evoluti, gli appassionati si sono evoluti. Sono sempre più i giovani che leggono, si confrontano, vogliono capire. È normale che di fronte all’affermazione ex cathedra di un ‘restauro totale’ uno normale chieda informazioni. Per chi lavora seriamente parlare di ‘restauro totale’ significa solo ed esclusivamente una cosa: smontare, verificare, cambiare ciò che è necessario, assemblare, rimontare e provare. Altrimenti non è un restauro totale e chi lo millanta è, delle due l’una, o in malafede o facilone.

L’esperienza di questa edizione 2018 evidenzia come si stia raschiando il barile e alle vendite siano arrivati in massa, sulla scia degli anni di boom, venditori improvvisati che pensano ancora che gli altri leghino il cane con la salsiccia. Non è così, sicuramente non lo è più. Armati delle migliori intenzioni di riempire quel posto in garage, siamo tornati a mani vuote e con l’amarezza di constatare che la passione sembra solo riservata a quelli che non vogliono guadagnare, gli altri attendono quatti quatti che passi il pollo. Ah, prima di dirmi la richiesta di una bella Nuova Super 1300, un altro venditore che sembrava catapultato da un film di Fantozzi, mi ha chiesto incessantemente se ne avevo una anche io. Perché? Sciatteria? Mah, addio Torino, appena una cinquantina di anni fa qui venivano presentate le macchine che continuano a occupare le prime dieci posizioni delle più belle mai costruite. Dopo il boom degli aeroporti in ogni paese e la loro progressiva chiusura sarebbe il caso di interrogarsi se non sia il caso di provare anche con le fiere, divenute ormai sagre di hot-dog, buontemponi che giocano al drifting e macchine pietose. Manca solo l’arrotino e l’ombrellaio.

P.S. Per fortuna che all’Oval c’era il tuning, forse la parte più interessante…ma a Automotoretrò ci siamo andati per altro…

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Classe '76, Dottore di ricerca, libero professionista e Master Sommelier FIS, coltivo da sempre la passione del vino e delle auto d'epoca. In entrambi i settori concentro il mio interesse sulle produzioni italiane di eccellenza come strumenti di crescita economica e diffusione della nostra cultura nel mondo. Punti deboli? Le supercar '60 e '70 ed i grandi rossi dell'Etna!