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BellaIso 2018: le GT di Bresso e anteprima del libro “Volevamo andare lontano”

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Al raduno Iso Rivolta e Bizzarrini di Bresso del 11-13 maggio 2018 non si sono solo viste le vetture gran turismo che hanno fatto grande il marchio milanese ma è stata anche un’occasione per presentare “a casa” il libro di Daniel Speck “Volevamo andare lontano”edito in Italia da Sperling&Kupfer.

La presentazione del libro in Italia (titolo originale Bella Germania, ndr) non poteva avvenire in un luogo più evocativo: negli stabilimenti Iso Rivolta di Bresso nasce la storia d’amore tra Giulietta e Vincent e grazie alla licenza per produrre l’Isetta in Germania, la BMW riesce a evitare il fallimento ed aprirsi ad una nuova fase – di successo – della propria storia.

Oltre all’intervista che l’autore ci ha rilasciato prima della presentazione ufficiale, pubblichiamo anche la recensione del libro:

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“Volevamo andare lontano”

Volevamo andare lontano non è solo un romanzo ma è lo specchio, a volte crudo, delle relazioni di una delle migliaia di famiglie italiane che nel corso degli anni hanno conosciuto la fatica dell’emigrazione. La storia si dipana su più piani temporali e mille rivoli ognuno dei quali è una verità taciuta, una bugia, una speranza. Le vite dei personaggi si intrecciano attorno alla figura Giulietta, non solo matriarca della famiglia Marconi bensì architrave delle relazioni generazionali che in lei si rivedono e prendono forza. Le sue paure,  le speranze, i silenzi, forgiano la sua vita e si irradiano nei comportamenti di Giovanni, Vincenzo e Julia fino a far loro trovare la strada della realizzazione personale, il superamento dei limiti e dei vincoli a cui si credevano ancorati. La storia inizia in una Milano che a qualche anno dalla fine della guerra inizia a crescere e sognare. Giulietta e Giovanni sono due gemelli che lavorano negli stabilimenti Iso di Bresso, sono gli anni dell’Isetta, e conducono un’esistenza apparentemente tranquilla fino a quando Vincent irrompe nella scena e scardina gli equilibri assonnati della famiglia siciliana emigrata dall’immobilità dell’isola di Salina nella metropoli in cerca di lavoro. Giulietta e Vincent si innamorano ma questo è inaccettabile nei cliché dell’Italia di quegli anni, in quanto lei è già promessa a Enzo. Giulietta nei giorni con Vincent assapora la vita, sente di essere felice ma questa felicità porta i colori della colpa e decide di sacrificarla per non deludere gli altri e venir meno alle aspettative di cui è stata caricata. Il figlio di quell’attimo di felicità si chiama Vincenzo, un bambino intelligente e inquieto che diventerà presto il crocevia della vita degli altri personaggi. Dalla madre ha ereditato anche la rassegnazione dell’immutabilità della vita fino a quando proprio dall’immutabile Salina non scorgerà la barca della salvezza. A Monaco si era nel frattempo trasferito già Giovanni che aveva a fatica avviato un’attività commerciale e che i tedeschi vedono solo come forza lavoro. La Germania non era la terra promessa come veniva dipinta e come sopravviveva nella fantasia degli italiani speranzosi di cambiare la propria vita, l’accoglienza riservata ai Gastarbeiter è dura e metallica, nei bunker sotto il binario 11. Il lettore viene portato a spasso nella storia con una tecnica narrativa avvincente in un susseguirsi di piani temporali e dettagli che costruiscono la storia come fosse un film in cui niente viene dato per scontato e tutto è meticolosamente funzionale a inquadrare l’immagine fino a descrivere colori, profumi e suoni. Il lettore è seduto davanti al negozio di Giovanni con i profumi del cibo appena arrivato dall’Italia, è nella casa di Giulietta, viaggia con Vincenzo sulla Iso nelle strade polverose del sud, è con Vincent e Giulietta verso Venezia in fresca e frizzante mattina di libertà.

Giulietta non tornerà più in Italia, la sua vita adesso è in Germania, deve offrire un’alternativa al figlio Vincenzo, glielo deve. Oscilla tra la commiserazione e la fiducia, tra l’amore per Vincent e quello per Vincenzo. Giulietta vive il melodramma della paura, della paura di fallire e rinuncia a coltivare il suo talento per la moda, a fare quello che la renderebbe felice, quasi per non fare rumore, per rimanere nell’ombra. Un personaggio apparentemente insignificante ma che in realtà è un faro per tutti. Giulietta è l’isola a cui tutti tornano, la metafora di Salina, è la bellezza che non sfiorisce, la fiducia nel futuro anche quello molto lontano. La vitalità e la speranza di Giulietta vivono in Julia la nipote che non ha mai conosciuto e attraverso la quale conosciamo le storie dei personaggi in cui le verticali nel tempo tengono il lettore in apnea tra profumi di Malvasia, timo e spuma del mare. Le automobili. Giulietta lavora alla Iso, Vincent alla Bmw. La piccola Isetta italiana salva la Bmw dal fallimento. L’amore per la vita di Giulietta, il suo essere casinista, le sue paure che si scontrano con le granitiche certezze teutoniche sono come fiori nei cannoni. La nipote Julia pagina dopo pagina sembra raccogliere il meglio di Giulietta e riscopre l’amore per le sue origini, per la sua famiglia che aveva scelto di odiare solo perché non aveva avuto la forza di voler conoscere. Volevamo andare lontano è un viaggio straordinario all’interno delle relazioni famigliari in cui si scopre che la verità è sempre molto meglio di qualsiasi menzogna e la felicità si raggiunge quando si vive e vivere significa conoscersi accettandosi, come quella mattina un po’ fredda in cui Giulietta, uscendo di casa, va incontro alla vita per viverla con Vincent, loro due e basta verso Venezia.

Intervista all’autore, Daniel Speck (scrittore e sceneggiatore teatrale e cinematografico)

Daniel, i personaggi del tuo libro hanno nomi con forte carica evocativa nel mondo dell’automobile. Perché li hai scelti?

Hanno tutti un connotativo che ha a che fare con le macchine: Giulietta legata al modello che il personaggio guida nel suo ultimo viaggio, Enzo a ricordo di Enzo Ferrari, Vincenzo in onore di Vincenzo Lancia, Giovanni è fin troppo evidente. I nomi radicano ancora di più la storia, la connotano e la legano al business dell’automobile dove poi nasce la storia tra Vincent e Giulietta.

Vincenzo poi, il figlio di Giulietta e Enzo in realtà porta con sé l’allusione a Vincent…

 

Collocare la storia all’interno della Iso, costruttore di eccellenze Made in Italy, ha un significato per i personaggi?

Alla Iso c’era un tipo di produzione che oggi non c’è più, l’eccellenza e la passione che oggi non ci sono più. Anni bellissimi, gli anni 60. Allora si sviluppava una macchina partendo da una bellissima idea. Il mio è un omaggio a un tempo ormai trascorso.

 

La prima parte del libro parla di una famiglia siciliana che ruota attorno alla figura della madre. La famiglia tedesca invece viene tratteggiata in maniera più emancipata.

La famiglia italiana e quella tedesca sono fondamentalmente distinte nel senso che quella tedesca aveva perso il legame con quella di origine che era accusata di aver causato il disastro della II guerra mondiale, in Germania è un’istituzione che aveva perso le sue radici. Rimproveravano ai padri di essere stati una generazione di nazisti. Il concetto di famiglia era un clichè borghese da superare. In italia i legami famigliari sono più intatti, infatti Vincenzo dopo aver sbagliato torna sempre dalla famiglia, dalla figura della madre rappresentata anche dal personaggio di Rosaria che in qualche modo sarà un riferimento per il ragazzo.

 

Menzogna, bugia e verità taciuta. Si riconosce l’errore fatto e si cerca di ripare, nonostante il tempo trascorso che non ha comunque scalfito l’amore tra Vincent e Giulietta. Il viaggio a Venezia chiude apparentemente il ciclo narrativo dei due personaggi ma in realtà getta le basi per il suo sviluppo nella vita degli altri.

La felicità di Giulietta è nel momento in cui decide che può essere felice, che se lo merita. Nel romanzo guidi il lettore in un cambio di prospettiva e di giudizio nei confronti delle relazioni. Le sovrastrutture della tradizione cedono il passo alla purezza dei rapporti. Cos’hai voluto dire?

Prendiamo ad esempio Carmela e Tanja. Enrambe sono incarnazioni della stessa figura, dovere e passione si scontrano e fuggono dalla famiglia. Esprimono appieno la loro personalità quando si sottraggono alle aspettative degli altri.

È una storia di successo su come i Gastarbeiter sono riusciti a cambiare la Germania, partendo dal cibo e dalle tradizioni che hanno improntato la cultura moderna.

 

Nel libro trova molto spazio l’ideale di libertà comunicata attraverso messaggi di forte impatto.

Il padre di Giovanni muore perché si è ribellato al padrone che costringeva la sua famiglia in una situazione di sudditanza di stampo feudale. Il messaggio che Giovanni recepisce è che lui deve diventare capo di se stesso, e in Germania sa di poterlo diventare. Alla fine però la Germania non è il paese del sogno e Giovanni vive in questo orgoglio siciliano di dire, ci sono riuscito! Questo vuole essere anche un augurio di speranza per Giulietta il cui talento non poteva condurla fuori dalla sua posizione senza la ferma speranza e il sacrificio per riuscire nella vita.

 

Julia?

Julia scopre che il messaggio che la madre le ha dato circa la famiglia è un messaggio che andava contro la sua vera natura. Alla fine si libera di questo pregiudizio e segue la sua aspirazione e diventa una buona madre.

 

Quante storie sono arrivate al quel binario 11?

Max Frisch nel 1965 diceva “abbiamo chiamato forza lavoro, sono arrivati uomini”. Questo libro aiuta anche i tedeschi a capire che i milioni di lavoratori che arrivarono in quegli anni non erano solamente forza lavoro ma uomini che portavano con sé il peso e la ricchezza delle loro storie.

 

Grazie Daniel, a presto!

 

 

 

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Classe '76, Dottore di ricerca, libero professionista e Master Sommelier FIS, coltivo da sempre la passione del vino e delle auto d'epoca. In entrambi i settori concentro il mio interesse sulle produzioni italiane di eccellenza come strumenti di crescita economica e diffusione della nostra cultura nel mondo. Punti deboli? Le supercar '60 e '70 ed i grandi rossi dell'Etna!