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La rivincita delle economiche

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Anche il mercato mondiale delle auto d’epoca è a più riprese attraversato da sconvolgimenti che lo riposizionano su nuovi equilibri.

La complessità degli ultimi anni consolidano alcune intuizioni e propongono nuove riflessioni. Se da un lato si tende sempre a privilegiare l’originalità delle automobili in termini di condizioni e documentazione storica del suo “passato” dall’altro si delinea una crisi della classe media, il segmento da 20K a 100K. L’entry level nel mondo dell’auto d’epoca attrae principalmente chi non ha grandi disponibilità da investire e nutre probabilmente una genuina passione per le auto del passato che lo/la incentiva a fare acquisti a prescindere dall’eventuale ritorno economico dell’investimento.

Se il segmento medio negli anni precedenti il 2015 aveva corso all’impazzata, adesso sembra rimanere al palo. I fiumi di denaro riversati nel comparto in momenti di incertezza globale avevano spinto molto le quotazioni rendendo, almeno nei primi tempi, il mercato liquido e fiducioso sul futuro. Ma il mercato è anche un organismo complesso, dove il principio di azione e reazione non funziona linearmente. Le opportunità di investimento alternative a cui una certa porzione dei buyers si rivolgeva prima del boom sono tornate ad essere invitanti e l’attenzione per l’auto d’epoca specialmente per il segmento medio e premium è diventata incerta.

Le aste internazionali spostano l’attenzione su auto dal passato sportivo e sul segmento oltre i 100K dove il portafoglio investito può consigliare una diversificazione anche a chi non è proprio un petrolhead. Le case d’asta internazionali hanno rilevato le flessioni del valore delle transazioni e tendono (lentamente) a diminuire le stime a cui propongono le automobili e tranne qualche accezione il prezzo di aggiudicazione non è mai molto lontano dalla stima più bassa, per cui la strada è ancora lunga. C’è da segnalare che probabilmente anche il ricorso al credito per acquistare auto storiche di pregio è fortemente diminuito anche perché gli stessi broker, che prima garantivano credito a fronte della costante crescita del comparto, oggi applicano aliquote prudenziali sulle stime dei singoli esemplari.

Gli speculatori sanno che adesso devono acquistare a (molto) poco per fare un profitto, e che devono aggredire il settore “distressed” cioè quei proprietari che devono (a tutti i costi) vendere. Così, banalmente le automobili da qualche migliaio di euro snobbate fino all’altro giorno quasi con sdegno, passano velocemente di mano macinando spesso anche profitti, facilitati dall’asimmetria informativa tra chi vende e chi compra e dall’investimento comunque contenuto e accessibile a molti. La diminuzione dell’attenzione speculativa sembra aver portato anche un rinvigorimento dei club e delle attività connesse a tutti i livelli, quasi che adesso ci si goda la propria storica o youngtimer molto di più!

Le case d’asta italiane, che solo recentemente hanno colto l’opportunità offerta dal settore, stentano però a consolidarsi in un interlocutore credibile. Bertone sale a parte, non convincono e le stime sembrano risentire troppo dei desiderata dei proprietari in un momento come quello attuale in cui le aste tornano a fare il loro lavoro, cioè pezzi non comuni a prezzi mediamente inferiori a quelli delle trattative private che – contrariamente alle aste stesse – sono spesso lunghe e incerte nell’esito.

La (ri)apertura del governo a riconoscere una riduzione del “bollo” alle ventennali ha sicuramente contribuito a riaccendere la domanda e incentivare l’indotto anche se pare limitata al segmento più basso, quello superiore boccheggia e continua a trovare sfogo all’estero.

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Classe '76, Dottore di ricerca, libero professionista e Master Sommelier FIS, coltivo da sempre la passione del vino e delle auto d'epoca. In entrambi i settori concentro il mio interesse sulle produzioni italiane di eccellenza come strumenti di crescita economica e diffusione della nostra cultura nel mondo. Punti deboli? Le supercar '60 e '70 ed i grandi rossi dell'Etna!