Auto

Alfetta: cuore sportivo

By  | 

Abbiamo provato l’icona Alfa Romeo degli anni ’70 nelle due versioni berlina e GT.

Dovete sapere che a Brescia c’è un concessionario del gruppo FCA che espone in vetrina vecchie glorie dell’automobilismo italiano. L’idea nasce dalla passione per le auto d’epoca del titolare insieme al nostro amico Carlo Carugati ed è perfettamente allineata ai recenti trend che hanno visto i marchi tedeschi valorizzare il proprio patrimonio storico. La Fiat ultimamente ci sta provando (mai sentito parlare di FCA Heritage?) e l’iniziativa della Franzoni Auto ci sembra davvero degna di nota, soprattutto se si tiene conto del risicato margine di manovra che dispongono le concessionarie rispetto alle direttive diffuse dalle case madri.

Fatte le dovute premesse, al nostro arrivo ci troviamo davanti due splendidi esemplari di Alfa Romeo Alfetta, nelle varianti berlina e coupé (ufficialmente “GT”). Si tratta di due esemplari di fine anni settanta, con la berlina nella versione 1,600 unificato e la GT (sempre 1,600) che appartiene all’ultimo lotto di produzione. Complice lo stato delle vetture, l’impressione è quella di due auto appena uscite da una concessionaria –e in effetti è esattamente quello che accade.

Mentre l’occhio è ammaliato dalle condizioni dei due veicoli, l’udito gode del favoloso sound emanato dal bialbero Alfa Romeo, che qui raggiunge la sua massima evoluzione dopo una carriera durata almeno 25 anni. Il sound è forte, pieno, ben riconoscibile. Impossibile non voltarsi quando passa un’Alfetta.

Foto di repertorio

Se il motore è il solito, lo stesso non può dirsi della meccanica, che presenta un retrotreno completamente riprogettato rispetto alla gamma Alfa Romeo di quei tempi (esempio: la Giulia). Il cambio viene spostato dall’anteriore al posteriore (soluzione Transaxle), le sospensioni posteriori adottano la soluzione De Dion in luogo dell’antiquato ponte rigido e i freni (a disco) vengono spostati verso l’interno. Questa soluzione garantisce un’ottima ripartizione delle masse (il peso del cambio è spostato dall’anteriore al posteriore e quello dei freni dall’esterno all’interno) ed è la stessa che adotta la pioneristica Lancia Aurelia degli anni ’50.

Lo schema dell’Alfetta evidenzia il cambio al posteriore e i freni spostati all’interno.

Il particolare schema dell’Alfetta con Transaxle, De Dion e freni entrobordo

Gli intenditori dicono che il cambio dell’Alfetta sia meno scorrevole di quello della Giulia (i leveraggi sono lunghi per via della distanza tra la leva del cambio –posizionata all’anteriore- e gli ingranaggi –posizionati al posteriore) ma io non sono così raffinato da aver percepito una differenza così marcata. Piuttosto, l’impressione generale è che l’Alfetta viaggi a meraviglia: il motore è potente, il telaio è agile e, come da tradizione Alfa, il rollio in curva è piuttosto accentuato.

Il design dell’Alfetta è moderno. La berlina è squadrata ed elegante, mentre la GT (disegnata da Giugiaro) è caratterizzata da volumi spostati verso il posteriore che richiamano sia la Giulia TZ (soprattutto per la coda tronca) sia il design a cuneo che andava di moda in quel periodo (quello della Stratos per intenderci). Nel complesso forse meglio la berlina, che incarna l’idea di familiare sportiva di alta gamma che è proprio delle Alfa Romeo del dopoguerra. D’altra parte, la GT ha un look accattivante e un buon passato sportivo.

Purtroppo per noi, la giornata non è delle migliori (ad un certo punto inizia a piovere a dirotto) e non riusciamo a provare come si deve le due auto. In compenso però, il problema innesca l’ingegno Bresciano, che ci catapulta in un ex capannone industriale della Val Camonica al centro di un progetto unico, dove abbiamo potuto realizzare le foto.

Grazie Carlo, in una giornata che ti autorizzava ad annullare tutto, ci hai regalato un setting unico per immortalare le due mitiche Alfetta.

 


La location

Il proprietario, grande collezionista d’arte bresciano, sta facendo realizzare la più grande personale al mondo del paesaggista Ettore Donini con riproduzioni delle opere del pittore locale della prima metà di novecento, formatosi a Parigi. Una volta completato, il locale servirà per un progetto di intrattenimento culturale per giovani con un focus su enogastronomia e musica. L’anteprima è un’esclusiva assoluta per VdS.

Per approfondire sul modellohttp://www.alfasport.net/webPage/View.asp?id=477

Avatar

Ci sono due cose che l’uomo non ammetterà mai di non saper fare: guidare e fare l’amore. (Stirling Moss)

1 Comment

  1. Avatar

    Luca Spinelli

    12 Aprile, 2017 at 16:38

    Questo si che è un contenuto di valore! 🙂