L'editto-riale

ASI, quando uno scatto d’orgoglio?

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Leggendo lo Statuto dell’Asi, lo scopo dell’Ente è subito chiaro: sostiene e tutela gli interessi generali della motorizzazione storica italiana, valorizzandone l’importanza culturale, storica e sociale.

Inoltre, l’ente promuove la conservazione ed il recupero di qualsiasi veicolo a motore che abbia compiuto vent’anni valorizzandone l’aspetto culturale, che deriva dal fatto che questi mezzi sono stati protagonisti attivi e insostituibili della storia del Ventesimo secolo, esprimendone l’evoluzione tecnica, di costume e sociale.

Fin qui sono importanti e nobili dichiarazioni di principio che inquadrano e definiscono il ruolo e il fine dell’Asi che opera attraverso anche le proprie commissioni tecniche e i club federati. Nel sito ufficiale si legge la qualità dei veicoli certificati è molto alta, perché il Regolamento Tecnico dell’Ente Federale, posto a base di tale certificazione, viene applicato in modo assai rigoroso: l’autenticità e l’originalità dei veicoli diventano elementi essenziali per ottenere il Certificato di identità che l’ASI rilascia quale corredo storico dei veicoli esaminati dalla propria Commissione Tecnica.

Non mancano certo gli esempi in cui la valente Commissione Tecnica certifica ai gradi superiori macchine sommariamente pasticciate, di discutibilissimo valore storico, in alcuni casi senza nemmeno scrivere correttamente il nome della vettura nel certificato ed a volte inserendo anche cilindrate improbabili, colori inesistenti, etc. a denotare sicuramente una scarsa attenzione nello svolgimento di compiti importantissimi. In fin dei conti l’attività di certificazione che attesta le caratteristiche di storicità e di autenticità dei veicoli è il sedimentato dei risultati dell’esame tecnico destinato a seguire l’automobile negli anni a venire e a rassicurare gli eventuali acquirenti circa la bontà del mezzo acquistato. La certificazione dovrebbe quindi confortare il proprietario e l’eventuale acquirente circa la fedeltà storica e caratteristiche di originalità e qualità del restauro ovvero lo stato di conservazione.

Le certificazioni dell’Asi, non neghiamocelo, in moltissimi casi hanno (avuto) un compito precipuo cioè consentire alle automobili ultraventennali di avere l’esenzione dalla tassa di possesso, il famigerato “bollo”.

Fino a quest’anno le automobili ventennali potevano essere esonerate dal bollo solo in presenza di certificazione rilasciata dall’Asi che ne attestasse il “particolare interesse storico”, con la legge di stabilità per il 2015 tutto questo è stato vanificato. Cosa ha fatto l’Asi per sostenere e tutelare gli interessi generali della motorizzazione storica italiana, valorizzandone l’importanza culturale, storica e sociale?

E adesso che anche gli ultimi fortini regionali di esonero dal pagamento del bollo sono caduti?

Non sarà certo sfuggito ai più attenti un emendamento (poi rigettato dal Senato) preordinato a elevare l’importo forfettario del bollo da €25,82 a € 75,00 e a introdurre il bollo sui veicoli anche ultratrentennali non in possesso della certificazione Asi. Ma come? Per recuperare un pò di iscritti si volevano penalizzare tutti quelli con auto ultratrentennali non iscritti all’Asi? La norma attualmente vigente (l.n. 342/2000 art. 63 co.1) prevede infatti che i veicoli ultratrentennali, non adibiti ad uso professionale, siano esonerati dalla tassa di possesso. Una strategia sintonica con la mitica e fantozziana Corazzata. Dopo aver certificato di particolare interesse storico e collezionistico delle utilitarie a metano malmesse usate non certo per dei raduni tra collezionisti ma per andare quotidianamente dal salumiere qual è la residua credibilità dell’Ente certificatore?A mio avviso davvero poca.

Un’operazione sicuramente riuscita per la quale ringraziare l’Asi è invece l’acquisizione della Collezione Bertone, perché – questa volta – ha realizzato la sua mission a tutela degli interessi generali della motorizzazione storica italiana. Resta da vedere come e soprattutto quando l’Asi renderà fruibile la collezione all’interno di una struttura museale che sappia accogliere i visitatori e che valorizzi l’inestimabile valore dei protitipi presenti nella collezione Bertone.

L’Asi ha considerevoli disponibilità ed è un’associazione senza scopo di lucro come peraltro tutti i suoi enti federati. Dovrebbe quindi adopersi e dedicarsi totalmente a conseguire i propri scopi nell’esclusivo interesse dei propri associati. L’acquisizione della collezione Bertone, l’attivazione di corsi professionali per ragazzi vanno nella direzione giusta ma le iniziative realizzabili sono infinitamente di più e forse occorre proprio rifondare l’ente mettendo in discussione tutto il suo assetto attuale. Non sfugge infatti a nessuno che molto spesso è inutile cambiare le figure apicali lasciando integro l’apparato (Leviatano), occorre un processo di rinnovamento dall’interno che riscopra i valori costitutivi dell’Ente e che intenda la quota associativa come lo strumento per la realizzazione degli scopi statutari a sostegno e tutela degli interessi generali della motorizzazione storica italiana, valorizzandone l’importanza culturale, storica e sociale.  L’Aci, nel frattempo, affila le unghie.

 

 

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Classe '76, Dottore di ricerca, libero professionista e Master Sommelier FIS, coltivo da sempre la passione del vino e delle auto d'epoca. In entrambi i settori concentro il mio interesse sulle produzioni italiane di eccellenza come strumenti di crescita economica e diffusione della nostra cultura nel mondo. Punti deboli? Le supercar '60 e '70 ed i grandi rossi dell'Etna!