Marchi del passato

Isotta Fraschini: ascesa e caduta della “dea alata” – Parte terza

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Dopo la prima e la seconda parte eccoci giunti alla terza ed ultima parte che percorre la storia della Isotta Fraschini. Come visto, non vi è dubbio che gli anni ’20 furono quelli di maggior splendore per il marchio di lusso italiano che, purtroppo, nel 1929, anno del crollo della borsa di New York, fu costretto a svalutare il proprio capitale sociale fino a 9 milioni di lire, quando nel 1924, a titolo di paragone, era di ben 60 milioni di lire. Ormai gli Stati Uniti non rappresentavano più quello che negli anni precedenti era stato il mercato più florido per l’Isotta Fraschini che quindi si trovò ad affrontare un improvviso tracollo finanziario nonostante gli innumerevoli sforzi pubblicitari e commerciali attuati per evitare il peggio.

Isotta Fraschini 8 A 1929 L'automobile suprema

Il conte Mazzotti provò allora a vendere l’Isotta Fraschini instaurando una trattativa con Henry Ford, capo dell’omonima fabbrica di automobili: la trattativa fu lunga ed estenuante e nel 1930 l’accordo sembrava vicino con Mazzotti sempre più deciso a cedere il pacchetto di maggioranza e Ford convinto di aumentare la produzione delle auto di lusso sia ampliando la fabbrica esistente e sia costruendo nuovi impianti. Tuttavia l’accordo sfumò per opera di Giovanni Agnelli che, non vedendo di buon occhio la venuta in Italia di un costruttore straniero, incontrò i responsabili del Governo al fine di non permettere l’ingresso di Ford in Italia. E così fu: a Henry Ford non rimase che ritirarsi dall’affare e l’Isotta Fraschini perse una grande occasione per svilupparsi dopo la grande crisi.

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Subito dopo, nel 1933, l’ingegnere Giustino Cattaneo lasciò l’azienda che nel frattempo era entrata a far parte del Gruppo Caproni in seguito all’ingresso nel capitale sociale di Giovanni Battista Caproni (ingegnere, aeronautico, imprenditore e pioniere dell’aviazione italiana) il quale decise drasticamente di cessare la produzione della seconda versione della “Tipo 8”.

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Infatti, durante la seconda guerra mondiale, come molte fabbriche automobilistiche, l’Isotta Fraschini diversificò la produzione e si dedicò principalmente alla produzione di autocarri per l’esercito italiano, motori aeronautici e marini.
Fu solo dopo il secondo conflitto mondiale che l’azienda milanese ricominciò a costruire automobili di lusso: Fabio Luigi Rapi, designer di automobili, Alessandro Baj, progettista, e Aurelio Lampredi, ingegnere meccanico, diedero vita nel 1947 alla 8C Monterosa, una vettura di prestigio dotata di un motore V8 di 3.400 cc montato posteriormente e di un pianale portante.

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Fu però una nascita infelice: la guerra appena conclusa aveva lasciato numerosi strascichi, l’Isotta Fraschini era caduta in un’altra profonda crisi e non c’erano i finanziamenti necessari per iniziare la produzione della nuova autovettura. Tant’è che il 25 febbraio 1948 l’azienda fu messa in amministrazione controllata dal Fondo per il Finanziamento dell’Industria Meccanica che altro non era che il principale creditore dell’Isotta Fraschini. Fu solo l’inizio della fine: infatti il 24 settembre 1949, l’Isotta Fraschini terminò definitivamente la sua produzione automobilistica.

Da quel giorno il celebre marchio di automobili di lusso passò di mano molte volte: nel 1962 gran parte del pacchetto azionario passò all’Efim (Ente autonomo di gestione per le partecipazioni statali del fondo di finanziamento dell’industria meccanica) e in un secondo momento alla Finmeccanica per poi essere acquistato dall’Iri nel 1979. Alla fine degli anni ottanta il marchio Isotta Fraschini viene accorpato a quello di Fincantieri fino al 1993, anno in cui l’imprenditore piemontese Giuliano Malvino rilevò il nobile marchio con l’intento di farlo risorgere e riportarlo agli antichi splendori.

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Passarono cinque anni e finalmente al Salone di Parigi del 1998 l’Isotta Fraschini fece il suo ritorno sulle scene mondiali con un modello inedito: la “T8”, una coupè/cabrio (basata su meccanica Audi, ma mai ufficialmente riconosciuta come tale) con motore 8 cilindri 4.2 cc da 300 cv. Difficile paragonare il fascino e la tecnologia avanzata  delle Isotta Fraschini di un tempo con la T8 che, malgrado il nobile tentativo di ripresa, fu al centro di uno scandalo per l’erogazione di un finanziamento pubblico di ben 20 miliardi di lire necessari per la sua realizzazione. Il finanziamento fu utilizzato anche  per ampliare lo stabilimento di San Ferdinando in Calabria e per avviare i corsi di formazione per i dipendenti dell’azienda…ma non se ne fece più nulla.

Purtroppo quella che doveva essere la rinascita per il marchio italiano si concluse con un fuoco di paglia con la T8 che rimase allo stadio di prototipo e con l’ennesima dichiarazione di fallimento da parte dell’imprenditore Giuliano Malvino. Altro fallimento, altro passaggio di mano: nel 2003 lo storico marchio fu acquistato da un altro imprenditore: Gianfranco Castiglioni, già fondatore della famosa marca di moto sportive, la Cagiva. Purtroppo però anche in questo caso l’avventura terminò in maniera poco felice con Castiglioni che venne arrestato nel giugno del 2014 per una frode fiscale di circa 63 milioni di euro. Attualmente i diritti sul marchio sono nelle mani di un gruppo di economisti e imprenditori italiani che hanno dato vita ad una nuova società col nome di Isotta Fraschini Milano. La missione dichiarata dai nuovi soci è quella di tornare a costruire auto lussuose a salvaguardia di un’eccellenza italiana di cui era rimasto solamente il ricordo. Ad oggi non si sa ancora se quella che fu la “dea alata” tornerà a volare, ma a noi piace pensare che un giorno, magari non troppo lontano, la dea caduta si possa rialzare e possa tornare a volare in alto.

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Sono nato ad Isernia nel 1979 e mi sono laureato in Scienze Politiche nel 2004. Fin da piccolo appassionatissimo di automobili, ho sempre lavorato nel settore automotive. Amo le auto classiche: quelle che mi fanno battere il cuore e sgranare gli occhi al primo sguardo, quelle che mi emozionano al solo metterle in moto, quelle che mi coinvolgono nella guida perchè hanno anime lontane anni luce da quelle super tecnologiche di oggi. Sono un inguaribile romantico cui piace guardare e guidare belle auto sulla scia di una calda emozione di sentimenti e non sulla base di freddi numeri prestazionali. Dimenticavo: sono qui perchè mi piace scrivere di auto classiche e raccontare eventi in cui si respirano ancora tradizioni e passioni che vivranno per sempre. Auto avute: Fiat Panda 750 Young '88, Fiat Punto '01 e '02, Lancia Y '09 Auto attuali: Alfa Romeo GT '05, Mazda MX-5 '97, Jaguar XJ8 '98

4 Comments

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    Valentino Spadafora

    1 Febbraio, 2015 at 09:14

    Congratulazioni per lo stile dato alla storia IF.
    Il compianto storico Angelo Tito Anselmi se ne sarebbe rallegrato quanto me.
    Vivissimi saluti.

    [Isotta Fraschini Milano]

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      Antonio Iafelice

      1 Febbraio, 2015 at 17:55

      Felicissimo di leggere il suo più che considerevole commento e, per questo, ancor più orgoglioso di quanto scritto.
      La saluto rinnovando l’augurio che l’Isotta Fraschini torni a volare come e più di prima.

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    orazio adolfo bacci

    2 Giugno, 2016 at 18:08

    Sono per il rilancio dell Isotta Fraschini che nel lusso era alla pari con la Rolls-Royce,un vero peccato che non venga rilanciato il marchio!

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    Luca

    29 Marzo, 2017 at 20:27

    E ti pareva se gli Agnelli non dovevano rovinare qualcosa.